Molise apripista. Molise laboratorio di
sperimentazione politica.
Non è una boutade, ho cercato di
spiegarlo in più occasioni, lo è anche (di nuovo) in questa fase
politica. Quella che si è aperta con le elezioni senza vincitori del
2013.
Detta con una formula sintetica la
questione è se le larghe intese sono una coalizione politica o una
convergenza dettata da uno stato di eccezione.
Se fosse la seconda che ho detto non si
spiegherebbe il “vasto programma” e la proiezione di legislatura
per un Parlamento che non esprime una maggioranza politica. Né si
spiegherebbe il passo di lumaca con cui si procede a varare una legge
elettorale che scongiuri il ripetersi di simili emergenze. Relegata
ormai in fondo all'agenda.
Insomma, se davvero fossimo scivolati
progressivamente nella prima, non lo si potrebbe dire e di fatto
nessuno lo avrebbe detto. Ma il Molise, intanto, torna utile per
vedere l'effetto che fa.
Perché in Molise, devo rammentarlo, si
è votato per la Regione contemporaneamente alle politiche del 2013 e
il PD si è presentato al centro di una coalizione di
destra-sinistra.
Lo stesso PD solo un anno prima, nelle
elezioni finite con un testa a testa e poi annullate, si era posto
alla testa di una coalizione di centro-sinistra con un profilo
programmatico su cui si erano riconosciute appieno più o meno tutte
le componenti della sinistra. Ma all'immediata vigilia delle nuove
elezioni ha preso una strada del tutto diversa, accogliendo nella
coalizione formazioni di centro destra, dichiarate come tali e
organicamente inserite fino allora nella maggioranza di centro-destra
che aveva governato nel decennio precedente. Senza che di questa
svolta fosse precisato alcun contenuto programmatico (d'intesa o di
compromesso, di prospettiva o di emergenza) ma solo con un patto di
spartizione di poltrone depositato nella cassaforte di un notaio.
Patto in nome del quale alle formazioni di sinistra rimaste in
coalizione (SEL, PdCI e PSI) non dovevano essere riservati posti né
nel listino né nel governo. Portare voti e, se ce l'avessero fatta,
eleggere consiglieri. Poi, al più, per i più intraprendenti, un po'
di sottobosco.
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Manifestazione di lavoratori Solagrital (Boiano), chiusa |
La coalizione ha stravinto (tipo spot
del Gratta e Vinci). La svolta è rimasta però, se così si può
dire, un po' sbiadita. Industrie che chiudono, sanità in rosso,
verde un po' maleodorante, potenzialità turistiche mortificate,
infrastrutture da terzo mondo. La sola economia che si salva è
quella abbastanza forte da potersi tenere lontana dalla politica. E
crescono le simpatie per un altro Governatore, quello neoeletto in
Abruzzo, da sempre fautore della Marca Adriatica (macroregione fino
alle Marche).
Nonostante queste pecche, l'esperimento
però continua. Certo, qualcuno avrebbe potuto far notare come il
Molise sia la regione italiana dove il PD è andato peggio (a parte
il SudTyrol). Ma per delicatezza nessuno lo ha fatto. Anche perché
sono ancora in ballo le amministrative, in particolare nel centro
dove quell'esperimento ha raggiunto l'apoteosi, Termoli.
Si è votato anche per il comune
capoluogo. Si era tentato anche lì di ripetere il testacoda, la
coalizione destra-sinistra, ma le primarie l'hanno impedito. Si è
anche fatto di tutto per tener fuori la candidata con il profilo più
limpidamente di sinistra, indipendente di area Civati: arrivata
seconda alle primarie, alla fine è stata però inserita nella lista
PD risultando prima tra gli eletti. Il vincitore delle primarie, PD,
ha superato per tre voti la maggioranza assoluta al primo turno e
dunque aver seguito la strada normale, quella della politica, ha
pagato.
Sapremo di qui a poco come va a finire
il ballottaggio. Se Frankenstein prende vita o meno. Nel piccolo
Molise.
Vicenda locale, vicenda minore, non fa
testo, penserà qualcuno.
Può darsi. La chiusura della campagna
elettorale per il ballottaggio a Termoli è stata affidata al vice di
Renzi, segretario generale (reggente) del PD, Lorenzo Guerini.