Di elezioni, di primarie ed altro. In Italia e in Molise
Sonata a tema in tre movimenti
Primo movimento
Andante mosso
Le primarie nazionali del centrosinistra
Uno dei momenti clou del confronto tra i candidati alle
primarie su SKY è stato quello sulle aperture al centro, in cui Bersani si è
più smarcato dagli altri: “Lavoro per la vittoria del nostro campo, diverso da
quello dei centristi. Ma sono contrario a chiusure: in una situazione così
delicata non possiamo permetterci di riconsegnare il paese alla destra berlusconiana.”
Se a qualcuno può interessare, questo è uno dei motivi per
cui voto il segretario del PD: no alle chiusure pregiudiziali, la politica è
inclusione, allargare il consenso, non restringerlo.
Le condizioni sono però importanti. Non solo. Quanto più
sono salde e ben radicate le posizioni politiche attorno a cui si costruisce la
propria proposta, tanto più quella proposta avrà forza di attrazione e saprà
includere. Quando sono deboli si oscilla tra cedevole tatticismo (parafrasi per
dire opportunismo) e settarismo (le bandiere e gli slogan prendono il posto
della proposta politica).
C’è il rischio che anziché attrarre si rimanga invischiati?
Secondo la mia modesta opinione, altro che se c’è! Sarà anzi il banco di prova,
sin da prima delle elezioni.
Perché agli elettori quel rischio non sfugge affatto. E già
dalla gestione della campagna elettorale si faranno un’idea di quanto sia
forte, in base all’articolazione delle proposte politiche, ai messaggi forti
che si manderanno (le condizioni non negoziabili), agli scenari che si
prospetteranno e, non da ultimo, alla credibilità che si dimostrerà nel modo di
selezionare i candidati. E, ovviamente, in caso di vittoria, saranno severi nel
giudicare se le premesse troveranno conferma negli atti di governo.
Allora, visto che dopo le primarie, e più delle primarie,
sarà importante vincere la prova elettorale, è bene prepararsi. Nella massima
chiarezza.
Qui non riesco a togliermi di mente l’apologo del re
Salomone e del bimbo conteso dalle due madri. E’ convinto Bersani che Casini
avrebbe meno remore di lui a lasciare il Paese in mano alla destra, di cui
Casini stesso è stato solerte alleato per una legislatura? Teme che in fin dei
conti lascerebbe squartare il Paese pur di non cedere il potere? Che dunque
toccherà al PD la parte della vera madre, pronta a cedere al ricatto pur di non
vedere morire suo figlio?
Posso capirlo. Ma perché non pensare che il sovrano (che in
definitiva è il popolo, nella parte di Re Salomone) sarà così saggio da svelare
il ricatto e sceglierà per il meglio a chi affidare il figlio? Nonostante tutte
le delusioni che gli elettori possono aver dato negli ultimi venti anni (ma
quanta responsabilità di quelle delusioni ricade su chi a sua volta ha deluso
le loro attese?) avanzo l’idea che potrebbero essere aiutati a smascherare il
ricatto se si mettessero in chiaro le condizioni irrinunciabili degli uni e
degli altri.
Quali saranno per i “centristi”? Di nuovo le pregiudiziali
“confessionali” (non trovo definizione più appropriata)? O l’”ottimo lavoro” –
guai a chi lo tocca! – fatto dal Ministro Fornero in tema di pensioni, ovvero
di occupazione e diritti? O un veto su proposte – troppo radicali! – che
prevedano una redistribuzione significativa e non puramente di facciata,
del carico fiscale a favore dei più deboli e a danno dei più ricchi? Su questi
temi gli elettori, penso, hanno ben chiara la linea di demarcazione tra
sinistra e centro. Se saranno avanzate pregiudiziali di questa natura, e se
saranno dichiarate più pesanti, fino ad essere dirimenti, rispetto a quelle che
dividono il campo centrista dalla destra berlusconiana (legalità e stato di
diritto, etica pubblica, solidarietà, pari opportunità, sostenibilità, ecc.
ecc.) gli elettori dovranno saperlo e poter giudicare. Perché averne paura? Proviamo
a riporre fiducia nella saggezza di re Salomone (degli elettori). Ma anche nella
buona fede dei centristi, o destra “pulita” che dir si voglia.
Secondo movimento
Vivace
Le primarie fantasma in Molise
Il segretario del PD Molise, Leva, ritenendo di ricalcare in
questo modo il segretario nazionale, si è imbarcato in una ardita
(“complicatissima”, la definisce lui stesso) operazione politica per allargare
la maggioranza: da intendersi, quella che l’anno scorso aveva portato Frattura
al pareggio con Iorio, che peraltro schierava forze che non erano legittimate a
partecipare.
Lodevole tentativo? Dipende.
Allargare a chi? A formazioni che, come UDC nazionale e FLI,
hanno rotto da tempo, in modo perfino eclatante, con l’avventura berlusconiana?
Nossignore, si lavora per allargare a forze che, ancora mentre scrivo, ricoprono
importanti posizioni di vertice nella Giunta Iorio o nei dintorni.
Ci si rivolge ai loro elettori intenzionati ad abbandonare
quel campo? Ai dirigenti in dissenso con quelli organici al sistema di potere
di Iorio? Nossignore. Ci si rivolge in prima persona a questi ultimi, contando su
un ravvedimento imposto da Roma, nel quadro di un patto di spartizione. Che,
qui sta il bello, dovrebbe eventualmente essere stipulato da quel segretario
nazionale del PD che contro queste “prassi” è solennemente impegnato in quanto “cattiva
politica”.
Ma - potrebbe correggermi Leva, in sintonia con il
Presidente Ruta con cui condivide questa avventurosa operazione - non si tratta
solo di questo ma anche di recuperare due movimenti che si sono allontanati
dalla coalizione, Costruire Democrazia e Partecipazione Democratica.
Non intendo tediare il lettore che non avesse seguito le
cronache e tralascerò pertanto particolari perfino poco seri della vicenda,
basterà però dire che si può nutrire qualche dubbio sul fatto che quei movimenti
abbiano mai fatto parte davvero della coalizione da cui dovrebbero essersi
allontanati: dei due leader uno (Astore) ha menato vanto dell’essere andato in
vacanza il giorno del voto e l’altro (Romano) dal giorno stesso dell’indizione
delle primarie fino ad oggi non ha mai perso occasione di prendere le distanze
dalla coalizione e da Frattura, accusato di ogni nefandezza, sia politica che
personale (e il suo movimento si è distinto per l’ampiezza del voto disgiunto contro
Frattura). Né è dato distinguere la posizione dei due movimenti da quelle dei
leader giacché, nonostante il richiamo alla democrazia nelle loro sigle, le due
formazioni non hanno statuti né organismi elettivi, elementari requisiti
richiesti dalla nostra Costituzione (se poi li hanno ma sono segreti si ricade
in un’altra fattispecie).
Al di là di tutto questo, il segretario del PD non spiega in
che consista la particolare complicatezza dell’operazione. Ostano le riserve
sulla persona del candidato presidente? basta un nuovo passaggio attraverso
primarie di coalizione: se vengono rifiutate, o non si avanzano altre
candidature, il problema decade, altrimenti si indicono. Si richiede un
chiarimento politico-programmatico sulla coalizione? Ben venga, si faccia, alla
luce del sole: ma se, invitati, non si presentano neanche in terza
convocazione, il problema decade.
Ecco, tornando a re Salomone. Davvero gli elettori non
distinguono e non giudicano con saggezza? Un leader di centrosinistra dovrebbe
rivolgersi a quelli, tra i centristi delusi dal sistema Iorio, che pensavano di
trovare nel centro una forza politica equilibrata, legata a valori cristiani di
solidarietà sociale. Oppure, fare appello a chi, ricordando Astore come il
miglior assessore alla sanità che il Molise abbia avuto, è portato a trascurare
le attuali pulsioni negative. A chi, apprezzando le battaglie coraggiose e le
denunce, quando sono circostanziate e motivate, del giovane Romano è incline a
perdonare le forzature dettate da un’ambizione un po’ fuori registro. Questo
dovrebbe significare “allargare il consenso” per il centrosinistra, di fronte
al rompete le righe dello schieramento di centro-destra e al bilancio
fallimentare del modello-Iorio di gestione del potere.
A questo dovrebbero lavorare segretario e presidente del PD,
senza sottoporre a inutili tensioni una coalizione (SEL, IDV, PdCI, PSI)
motivata e ansiosa di scendere in campo per cambiare il volto della politica
molisana. Prendere esempio da Bersani significa raccogliere, includere attorno
a un progetto che va avanti e conquista consensi. Non, trattare su tavoli
paralleli usando le pregiudiziali degli uni per destabilizzare gli altri,
escludendo e dividendo. Si decideranno, prima che sia troppo tardi? O andranno
avanti, convinti che il popolo bue si adeguerà? O che, tra disgusto e
sfinimento, gli elettori si rassegnino e abbandonino la partita? Se così fosse,
sarebbe una tragica illusione: basta guardarsi intorno e contare quanti degli
esponenti di questa cultura politica sono ancora in piedi, in giro per
l’Italia. Quanti sono sopravvissuti alle ultime tornate amministrative: nel PD,
intendo, mica solo nel centrodestra. E’ credibile, per le imminenti scadenze
elettorali, un tuffo nel passato?
Staremo a vedere.
Terzo movimento
Marcia funebre
Le elezioni e le crisi aziendali.
Ebbene si, la conclusione non è un inno alla gioia.
Tredici mesi dopo le elezioni, non valide, si dovranno
attendere ancora quattro mesi per avere un governo e un’assemblea nel pieno
delle funzioni.
La regione, già allo stremo, rischia di assistere a disastri
sociali, e economici, senza precedenti.
Le crisi in atto sono numerose. Tre sono al centro
dell’attenzione più delle altre ma in qualche modo le riassumono. Mi riferisco
alla Solagrital e allo Zuccherificio (di cui mi sono occupato a più riprese in
questo blog) a cui si è appena aggiunto il maggiore centro commerciale della
costa, il Carrefour di Termoli.
Dalla prima dipende il destino dell’intera area del Matese.
Le altre due, se non saranno risolte per il meglio rischiano di assestare un
colpo durissimo al basso Molise.
Quattro mesi sono lunghi. In questo lasso di tempo sarà
necessario compiere una serie di atti di natura prettamente politica, che non
richiederanno tuttavia modifiche alle leggi vigenti ma avranno natura di
provvedimenti attuativi. Atti di gestione, di competenza dell’organo esecutivo,
di una Giunta.
Sennonché la Giunta è in carica solo provvisoriamente ed è
priva della piena legittimità, essendo stata dichiarata decaduta l’Assemblea
che l’ha eletta. Ha davanti a sé un orizzonte temporale molto breve e non ha
l’autorità che sarebbe richiesta.
Sarebbe però diverso se gli atti fossero concordati tra i
contendenti e solennizzati dalla presenza del rappresentante del Governo.
L’orizzonte temporale si allungherebbe in quanto si darebbero garanzie di
continuità nel tempo oltre la scadenza elettorale a tutti i contraenti e ai
soggetti interessati in genere e si assicurerebbe quell’autorevolezza e quella
base di consenso che oggi manca.
Andare in questa direzione significherebbe, dovrebbe essere
evidente, espungere dalla campagna elettorale queste emergenze. Nessuno dei
contendenti potrebbe farsi forte rispetto all’altro su questo terreno.
Una simile soluzione andrebbe a scapito della chiarezza
delle posizioni e sbiadirebbero i motivi di contrasto? Non necessariamente. Di
certo, ne guadagnerebbero i cittadini interessati. Che sono varie migliaia.
A proposito del prendere esempio, potrebbe valere la pena di
assumersi questa responsabilità in nome degli interessi generali del popolo che
si ha l’ambizione di rappresentare, anteposti a quelli delle parti in cui si è collocati.
Una scala di priorità che il segretario nazionale del PD non perde occasione di
richiamare.