sabato 24 novembre 2012

MESSAGGI ELETTORALI


Di elezioni, di primarie ed altro. In Italia e in Molise

Sonata a tema in tre movimenti

Primo movimento
Andante mosso
Le primarie nazionali del centrosinistra

Uno dei momenti clou del confronto tra i candidati alle primarie su SKY è stato quello sulle aperture al centro, in cui Bersani si è più smarcato dagli altri: “Lavoro per la vittoria del nostro campo, diverso da quello dei centristi. Ma sono contrario a chiusure: in una situazione così delicata non possiamo permetterci di riconsegnare il paese alla destra berlusconiana.”
Se a qualcuno può interessare, questo è uno dei motivi per cui voto il segretario del PD: no alle chiusure pregiudiziali, la politica è inclusione, allargare il consenso, non restringerlo.
Le condizioni sono però importanti. Non solo. Quanto più sono salde e ben radicate le posizioni politiche attorno a cui si costruisce la propria proposta, tanto più quella proposta avrà forza di attrazione e saprà includere. Quando sono deboli si oscilla tra cedevole tatticismo (parafrasi per dire opportunismo) e settarismo (le bandiere e gli slogan prendono il posto della proposta politica).
C’è il rischio che anziché attrarre si rimanga invischiati? Secondo la mia modesta opinione, altro che se c’è! Sarà anzi il banco di prova, sin da prima delle elezioni.
Perché agli elettori quel rischio non sfugge affatto. E già dalla gestione della campagna elettorale si faranno un’idea di quanto sia forte, in base all’articolazione delle proposte politiche, ai messaggi forti che si manderanno (le condizioni non negoziabili), agli scenari che si prospetteranno e, non da ultimo, alla credibilità che si dimostrerà nel modo di selezionare i candidati. E, ovviamente, in caso di vittoria, saranno severi nel giudicare se le premesse troveranno conferma negli atti di governo.
Allora, visto che dopo le primarie, e più delle primarie, sarà importante vincere la prova elettorale, è bene prepararsi. Nella massima chiarezza.
Qui non riesco a togliermi di mente l’apologo del re Salomone e del bimbo conteso dalle due madri. E’ convinto Bersani che Casini avrebbe meno remore di lui a lasciare il Paese in mano alla destra, di cui Casini stesso è stato solerte alleato per una legislatura? Teme che in fin dei conti lascerebbe squartare il Paese pur di non cedere il potere? Che dunque toccherà al PD la parte della vera madre, pronta a cedere al ricatto pur di non vedere morire suo figlio?
Posso capirlo. Ma perché non pensare che il sovrano (che in definitiva è il popolo, nella parte di Re Salomone) sarà così saggio da svelare il ricatto e sceglierà per il meglio a chi affidare il figlio? Nonostante tutte le delusioni che gli elettori possono aver dato negli ultimi venti anni (ma quanta responsabilità di quelle delusioni ricade su chi a sua volta ha deluso le loro attese?) avanzo l’idea che potrebbero essere aiutati a smascherare il ricatto se si mettessero in chiaro le condizioni irrinunciabili degli uni e degli altri.
Quali saranno per i “centristi”? Di nuovo le pregiudiziali “confessionali” (non trovo definizione più appropriata)? O l’”ottimo lavoro” – guai a chi lo tocca! – fatto dal Ministro Fornero in tema di pensioni, ovvero di occupazione e diritti? O un veto su proposte – troppo radicali! – che prevedano una redistribuzione significativa e non puramente di facciata, del carico fiscale a favore dei più deboli e a danno dei più ricchi? Su questi temi gli elettori, penso, hanno ben chiara la linea di demarcazione tra sinistra e centro. Se saranno avanzate pregiudiziali di questa natura, e se saranno dichiarate più pesanti, fino ad essere dirimenti, rispetto a quelle che dividono il campo centrista dalla destra berlusconiana (legalità e stato di diritto, etica pubblica, solidarietà, pari opportunità, sostenibilità, ecc. ecc.) gli elettori dovranno saperlo e poter giudicare. Perché averne paura? Proviamo a riporre fiducia nella saggezza di re Salomone (degli elettori). Ma anche nella buona fede dei centristi, o destra “pulita” che dir si voglia.

Secondo movimento
Vivace
Le primarie fantasma in Molise

La riunione del centrosinistra nella sede del Pd in via Ferrari a Campobasso
Il segretario del PD Molise, Leva, ritenendo di ricalcare in questo modo il segretario nazionale, si è imbarcato in una ardita (“complicatissima”, la definisce lui stesso) operazione politica per allargare la maggioranza: da intendersi, quella che l’anno scorso aveva portato Frattura al pareggio con Iorio, che peraltro schierava forze che non erano legittimate a partecipare.
Lodevole tentativo? Dipende.
Allargare a chi? A formazioni che, come UDC nazionale e FLI, hanno rotto da tempo, in modo perfino eclatante, con l’avventura berlusconiana? Nossignore, si lavora per allargare a forze che, ancora mentre scrivo, ricoprono importanti posizioni di vertice nella Giunta Iorio o nei dintorni.
Ci si rivolge ai loro elettori intenzionati ad abbandonare quel campo? Ai dirigenti in dissenso con quelli organici al sistema di potere di Iorio? Nossignore. Ci si rivolge in prima persona a questi ultimi, contando su un ravvedimento imposto da Roma, nel quadro di un patto di spartizione. Che, qui sta il bello, dovrebbe eventualmente essere stipulato da quel segretario nazionale del PD che contro queste “prassi” è solennemente impegnato in quanto “cattiva politica”.
Ma - potrebbe correggermi Leva, in sintonia con il Presidente Ruta con cui condivide questa avventurosa operazione - non si tratta solo di questo ma anche di recuperare due movimenti che si sono allontanati dalla coalizione, Costruire Democrazia e Partecipazione Democratica.
Non intendo tediare il lettore che non avesse seguito le cronache e tralascerò pertanto particolari perfino poco seri della vicenda, basterà però dire che si può nutrire qualche dubbio sul fatto che quei movimenti abbiano mai fatto parte davvero della coalizione da cui dovrebbero essersi allontanati: dei due leader uno (Astore) ha menato vanto dell’essere andato in vacanza il giorno del voto e l’altro (Romano) dal giorno stesso dell’indizione delle primarie fino ad oggi non ha mai perso occasione di prendere le distanze dalla coalizione e da Frattura, accusato di ogni nefandezza, sia politica che personale (e il suo movimento si è distinto per l’ampiezza del voto disgiunto contro Frattura). Né è dato distinguere la posizione dei due movimenti da quelle dei leader giacché, nonostante il richiamo alla democrazia nelle loro sigle, le due formazioni non hanno statuti né organismi elettivi, elementari requisiti richiesti dalla nostra Costituzione (se poi li hanno ma sono segreti si ricade in un’altra fattispecie).
Al di là di tutto questo, il segretario del PD non spiega in che consista la particolare complicatezza dell’operazione. Ostano le riserve sulla persona del candidato presidente? basta un nuovo passaggio attraverso primarie di coalizione: se vengono rifiutate, o non si avanzano altre candidature, il problema decade, altrimenti si indicono. Si richiede un chiarimento politico-programmatico sulla coalizione? Ben venga, si faccia, alla luce del sole: ma se, invitati, non si presentano neanche in terza convocazione, il problema decade.
Ecco, tornando a re Salomone. Davvero gli elettori non distinguono e non giudicano con saggezza? Un leader di centrosinistra dovrebbe rivolgersi a quelli, tra i centristi delusi dal sistema Iorio, che pensavano di trovare nel centro una forza politica equilibrata, legata a valori cristiani di solidarietà sociale. Oppure, fare appello a chi, ricordando Astore come il miglior assessore alla sanità che il Molise abbia avuto, è portato a trascurare le attuali pulsioni negative. A chi, apprezzando le battaglie coraggiose e le denunce, quando sono circostanziate e motivate, del giovane Romano è incline a perdonare le forzature dettate da un’ambizione un po’ fuori registro. Questo dovrebbe significare “allargare il consenso” per il centrosinistra, di fronte al rompete le righe dello schieramento di centro-destra e al bilancio fallimentare del modello-Iorio di gestione del potere.
A questo dovrebbero lavorare segretario e presidente del PD, senza sottoporre a inutili tensioni una coalizione (SEL, IDV, PdCI, PSI) motivata e ansiosa di scendere in campo per cambiare il volto della politica molisana. Prendere esempio da Bersani significa raccogliere, includere attorno a un progetto che va avanti e conquista consensi. Non, trattare su tavoli paralleli usando le pregiudiziali degli uni per destabilizzare gli altri, escludendo e dividendo. Si decideranno, prima che sia troppo tardi? O andranno avanti, convinti che il popolo bue si adeguerà? O che, tra disgusto e sfinimento, gli elettori si rassegnino e abbandonino la partita? Se così fosse, sarebbe una tragica illusione: basta guardarsi intorno e contare quanti degli esponenti di questa cultura politica sono ancora in piedi, in giro per l’Italia. Quanti sono sopravvissuti alle ultime tornate amministrative: nel PD, intendo, mica solo nel centrodestra. E’ credibile, per le imminenti scadenze elettorali, un tuffo nel passato?
Staremo a vedere.

Terzo movimento
Marcia funebre
Le elezioni e le crisi aziendali.

Ebbene si, la conclusione non è un inno alla gioia.
Tredici mesi dopo le elezioni, non valide, si dovranno attendere ancora quattro mesi per avere un governo e un’assemblea nel pieno delle funzioni.
La regione, già allo stremo, rischia di assistere a disastri sociali, e economici, senza precedenti.
Le crisi in atto sono numerose. Tre sono al centro dell’attenzione più delle altre ma in qualche modo le riassumono. Mi riferisco alla Solagrital e allo Zuccherificio (di cui mi sono occupato a più riprese in questo blog) a cui si è appena aggiunto il maggiore centro commerciale della costa, il Carrefour di Termoli.
Dalla prima dipende il destino dell’intera area del Matese. Le altre due, se non saranno risolte per il meglio rischiano di assestare un colpo durissimo al basso Molise.
Quattro mesi sono lunghi. In questo lasso di tempo sarà necessario compiere una serie di atti di natura prettamente politica, che non richiederanno tuttavia modifiche alle leggi vigenti ma avranno natura di provvedimenti attuativi. Atti di gestione, di competenza dell’organo esecutivo, di una Giunta.
Sennonché la Giunta è in carica solo provvisoriamente ed è priva della piena legittimità, essendo stata dichiarata decaduta l’Assemblea che l’ha eletta. Ha davanti a sé un orizzonte temporale molto breve e non ha l’autorità che sarebbe richiesta.
Sarebbe però diverso se gli atti fossero concordati tra i contendenti e solennizzati dalla presenza del rappresentante del Governo. L’orizzonte temporale si allungherebbe in quanto si darebbero garanzie di continuità nel tempo oltre la scadenza elettorale a tutti i contraenti e ai soggetti interessati in genere e si assicurerebbe quell’autorevolezza e quella base di consenso che oggi manca.
Andare in questa direzione significherebbe, dovrebbe essere evidente, espungere dalla campagna elettorale queste emergenze. Nessuno dei contendenti potrebbe farsi forte rispetto all’altro su questo terreno.
Una simile soluzione andrebbe a scapito della chiarezza delle posizioni e sbiadirebbero i motivi di contrasto? Non necessariamente. Di certo, ne guadagnerebbero i cittadini interessati. Che sono varie migliaia.
A proposito del prendere esempio, potrebbe valere la pena di assumersi questa responsabilità in nome degli interessi generali del popolo che si ha l’ambizione di rappresentare, anteposti a quelli delle parti in cui si è collocati. Una scala di priorità che il segretario nazionale del PD non perde occasione di richiamare.